Si inizia a intravedere la Primavera in Europa, con qualche timido sole e vento caldo che cerca di scacciare via le freddure dell’inverno passato. Ecco, come tutti gli anni, in questo esatto momento, a me inizia a salire una tremenda nostalgia della mia Terra Madre, della mia Toscana. Un regione che mi ha dato tutto e che continua, imperterrita, a legarmi l’anima e il cuore all’unico posto nel Mondo che posso davvero chiamare Casa.
Lasciando per un momento tutti questi discorsi da Libro Cuore, volevo raccontarvi che, tempo fa in un aereo che mi portava da Roma a Dublino, di ritorno dalle vacanze di Natale, imbastii una discussione calcistica con due ragazzi calabresi. Parlavamo della Reggina, della sua storia recente e di quando era in Serie A con Mazzarri, della salvezza miracolosa, di Bonazzoli Taibi e Nakamura, ecc ecc.
E, il motivo mi sfugge clamorosamente, iniziammo a contare gli allenatori nati in Toscana che sono stati famosi e hanno avuto successo in Serie A. Eh si! La Toscana ne ha sfornati a decine di bravi, bravissimi allenatori, e continua a farlo senza sosta. Molti di loro sono più di semplici allenatori. Sono icone, leggende e personalità di cui un vero appassionato non si dimenticherà mai. La maggior parte di loro proviene dalla Alta Toscana: Livorno, Pisa, Versilia e Massa. Ma è possibile trovarne altri anche in Maremma e nel Fiorentino. Ecco i sei finali (in ordine cronologico) che vennero fuori dalla discussione su quel volo Roma-Dublino di fine Dicembre.
Ad un anno di distanza dalla mio arrivo in terra Irlandese, a poche settimane dal mio primo vero San Patrizio, e nel giorno del mio primo Venerdì santo (interamente analcolico, incredibile, divieto di vendita di alcool in tutto il paese, per tutte le 24 ore del venerdi) in terra Irlandese, l’ispirazione mi ha preso una piaga decisamente Verde e decisamente Cattolica. Se c’è infatti un punto di contatto tra i miei gusti e le mie passioni calcistiche, e questa terra che oggi mi da lavoro, speranza e possibilità di guardare al futuro, questo è sicuramente il Celtic Football Club.
Tempo fa, con la stessa capigliatura c’era il leggendario Carlos Valderrama, e i suoi detrattori lo chiamavano ‘Carlos, con la cocaina nei capelli’ perché’ dicevano che un Colombiano forte tecnicamente e astuto dal punto di vista calcistico come 'El Pibe' non poteva essere dono solo di Dio, ma anche di qualche polveraccia magica. Eh chi lo sa?
Chissà adesso che diranno del molto meno leggendario David Luiz, stessi capelli del Diez Colombiano e autore di una prestazione maiuscola nell’ottavo di finale di Champions League, vinto dal suo PSG contro il Chelsea di Mou, a Stamford Bridge. Diranno che è scarso? Che è un buffone? Che gioca solo per sponsors e capelli? Ci sta, ma a me piace lo stesso. Tiè!
Recentemente, ha appeso le scarpette al chiodo uno dei giocatori che mi ha entusiasmato di più negli ultimi 20 anni di calcio. Juan Roman Riquelme. Storico ‘diez’ del Boca Juniors and ex stella di Villareal e Barcellona. Una figura che mi ha sempre trasmesso una certa allegria e spensieratezza vedendolo giocare. Un giocatore sopraffino, 'di tocco' lo definirei. Mai sopra le righe nei comportamenti e mai scorretto nei confronti di avversari e compagni di squadra.
Viene, o meglio, veniva soprannominato 'El Mudo', poche espressioni facciali nel rettangolo di gioco, a parlare ci pensavano piedi e cervello. Un regista avanzato con una tecnica da Top del Top, e visione del gioco ancora migliore. Que falta? Che mancava allora? Mancava che era lento, e magari un po pigrotto. Secondo me, questo, era anche un suo grosso motivo di fascino e anche di fama. Oggi, con l’avanzare di nuovi campioni, molti soprannomi (in sudamerica un must, se giochi a calcio e non ce l’hai, ma ‘ndo vai) vengono riutilizzati e affibbiati a calciatori che ricordano altri del passato. 'El Mudo' odierno sarebbe Franco Vazquez del Palermo, ottimo giocatore che per certi versi ricorda Riquelme, soprannome giusto.
Ci risiamo, dopo quasi due mesi di inattività su questo blog (colpa di Natale, Capodanno, spostamenti e impegni vari, e pure tanto Football Manager 2015...) torno a scrivere due righe sul Dio Pallone. Argomento del giorno: in giorni di partite di Coppe Nazionali in giro per l'Europa, mi sono chiesto quanto sia insensata e brutta l'organizzazione della Coppa Italia. Mamma mia ragazzi, roba da matti!
Molte serate, per riempire il mio tempo, mi vado a vedere gli highlights delle partite del momento (il sito okgoals mi da una bella mano in questo senso). E recentemente ho visto diversi goals di partite delle Coppe Nazionali dei maggiori campionati europei: FA Cup, Copa del Rey, Coupe de France e la Pokal in Germania, e ho potuto notare, seppur vedendo pochi e corti spezzoni di partita, come queste competizioni siano di un livello d'intrattenimento, organizzativo e democratico sopra la media.
Nel pensare a cosa scrivere, alle volte, mi imbatto in discorsi e seghe mentali lunghissime che finiscono nel nulla e non portano a niente. Stavolta invece, c’ho messo poco, mi e’ bastato pensare all’uomo di gran lunga più importante della mia vita, mio babbo. E’ grazie a lui se oggi guardo partite, mi interesso di calcio e mi metto a scrivere qualcosa sul pallone.
Nel suo pensiero calcistico, c’è sempre stata una costante, un punto fisso, un’ossessione per certi versi preistorica. La paranoia di avere un uomo in campo che potesse essere l’uomo in più per la sua squadra, e in meno per gli altri. Il barometro e il controllore di tutto, il capitano senza fascia e l’insulto più grande alle tattiche moderne.
Se c’è infatti una cosa che il calcio moderno ci ha portato e ci dovremo sorbire ancora per un po, è l’ossessione e l’attaccamento forsennato a tattica, numeri e monotonia. Una moda che odio e che sempre più allenatori rincorrono in maniera forsennata per reggere lo stress e il peso dei risultati.
Tutta questa rivoluzione nello sport del calcio, ha, purtroppo, portato via anche un’altra cosa, al tempo preziosissima, il ruolo del Libero nel calcio.