Tiene banco in queste settimane di primavera, a Roma in Italia e nel Mondo del dio pallone, la questione Totti. Smettere o continuare a giocare? Questo è il dilemma. Una questione non molto semplice da gestire conoscendo il personaggio Francesco, testardissimo e forse troppo sicuro di sè, e l’organizzazione della comunicazione (a dir la verità anche di tanti altri ambiti e settori) scadente e amatoriale dell’ AS Roma.
Su quest’ultima ci sarebbe da scriverci un libro, ma cerco di limitarmi a dire che una società seria i problemi li risolve e non se li va a creare a casa propria.

Entrare in un vespaio del genere, sarebbe da masochisti, special modo se la squadra che si tifa è proprio la Magggica Roma, ma mi sembrava giusto dire la mia in relazione a Totti e a come l’ho vissuto io in questi miei (quasi) 28 anni da tifoso della Roma.

Se inizio facendo due calcoli semplici semplici, posso dire che sono diventato tifoso della Roma appena prima di avere 10 anni, facciamo 7. La ragione precisa di questa mia passione non c’è: la mia parte sognante cerca di imputare tutto al destino, che mi ha illuminato di tale fede calcistica, l’altra mia parte molto più attaccata alla realtà collega questa passione alla presenza di mia Zia Dona a Roma come infermiera all’Ospedale Santo Spirito. La leggenda narra che mi regalò una maglia della Roma e subito dopo un biglietto per una partita, Roma-Piacenza.
Scommetto che aveva ragione la mia parte più terrena, e pure la mia Zia.

Non ci crederete ma all’inizio non ero così attratto da Totti. E ho continuato a non esserlo per molti anni. Mi ricordo che mi incantavo davanti ad altri giocatori della Roma, in particolare il tandem Balbo-Fonseca. Nella top 5 c’erano anche Tommasi, Konsel e Candela. Totti no.
Al tempo era confinato sulla fascia e seppur dimostrasse in lungo e largo il suo infinito talento, non mi entrava ancora in simpatia e nelle mie corde vocali da tifoso. 

Tutto cambiò con il 10 e la fascia da Capitano. Da ignorantello di calcio, iniziai subito a capire che quello lì non era uno come gli altri, e soprattutto capii che non faceva e pensava le cose che facevano e pensavano gli altri. Vedere Totti giocare da giovane (gli anni che intercorrono tra il 96 e il 2006), era come vedere le pecore e il pastore. Lui era il pastore. Aveva il controllo e le redini in mano e si faceva come diceva lui.
Mille pareri e paragoni sono stati sprecati su Francesco Totti, ma niente mi può togliere dalla testa il fatto che uno come lui non c’è mai stato, non c’è tuttora e non ci sarà mai nella storia del Calcio.

Non è l’essere forte, vincente o altre cavolate, sta tutto nel fare determinate cose che gli altri non sanno e non possono fare. E mentre le fa, tutto lo stadio si ferma, rimane a bocca aperta per qualche secondo, e poi subito dopo esulta o applaude. 

Mi rimangono impresse molte immagini di lui, ma la più indelebile fa riferimento al 17 Giugno 2001. Roma-Parma 3-1, la Roma vince il suo terzo scudetto. 
Al tempo la Tv satellitare era una cosa di ricconi, e la gente si ammassava nei bar o nei punti di ritrovo sportivi per vedere le partite. Quel giorno io avevo 13 anni ed ero con mio padre. Non eravamo a casa a Roccastrada, ma eravamo al mare a Follonica. Mi ricordo tuttora che andammo al Punto Snai a vedere la partita. Era un locale piccolo, molto piccolo, dove c’era gente che scommetteva molto sui cavalli (a Follonica c’è un famoso ippodromo) e poche sedie davanti ad una tv (piccola anche quella) senza audio, dove veniva trasmetta la partita della Roma. 
Io e mio padre eravamo in piedi in fondo alla sala e io, data la giovinezza e l'ignoranza calcistica, non riuscivo a realizzare l’importanza di tale partita. Vincemmo e come premio andai in spiaggia a fare il bagno tutto il pomeriggio e per una volta sfottevo io i miei amichetti Juventini. Tiè!

Mi ricordo tutto di Totti quel giorno. Si vedeva che sentiva l’atmosfera in maniera spasmodica e infatti era quasi paralizzato da quello Stadio che non poteva essere più bello di come era. Mi ricordo il gol e l’esultanza rabbiosa e piena di goia, piena di Roma. E mi ricordo ancora meglio, la fatica che fece per uscire dal campo di gioco. Venne travolto dai tifosi che erano bordo campo e fu denudato di ogni indumento, rimase in mutande. Ammazza...

Bei tempi eh? Si, molto. Ma anche gli anni successivi sono stati molto belli. Perché vedevo un Totti in forma che segnava, si divertiva e faceva divertire. E in fin dei conti lui è sempre stato lì per quello, per divertire e divertirsi. Batteva record e lottava ogni giorno contro la storia e contro l’età che era nemica inesorabile del suo divertimento.

La realtà dice che forse adesso il famoso chiodo va piantato e le scarpette slacciate una volta per tutte. Ma vorrei tanto che Totti continuasse a giocare per la Roma, perché sempre Totti è, e per me sempre Totti rimarrà. Sapere che quella maglia numero 10 non ci potrà essere più il prossimo anno, mi provoca un po' di senso e un po' di disagio, perché so che qualcosa mancherà nella mia Roma. E nessun altro mai potrà colmare tale mancanza. 

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